venerdì 26 febbraio 2016

La Neorinascenza - Il movimento letterario

Il 7 dicembre 2005, al Café Notegen in via del Babuino a Roma, nasce il Movimento della Neorinascenza letteraria, fondato da Luca Morricone, Marzia Spinelli e Roberto Raieli, cui si aggiungono Antonietta Tiberia e Francesco Lioce.
Nel giugno 2006 è resa nota la pubblicazione della rivista línfera, periodico quadrimestrale per la Neorinascenza della letteratura, organo del Movimento, strumento e luogo di confronti per la cultura italiana.
Il Movimento – si legge nel suo Manifesto, a firma di Luca Morricone – nasce dall’attesa di «un imminente cambiamento, rispetto alla deriva del non scegliere, del lasciare che si decida per noi stessi o che non si decida». La Neorinascenza si prefigge di segnare una rotta e di «ricollocare le arti e, in primo luogo, la letteratura entro i campi di destinazione, socialmente e individualmente significanti, contro la spettacolarizzazione, la mercificazione e l’autoridimensionamento che le confondono». Perciò, refrattaria alle omologazioni, non si propone come scuola, bensì «come il nutrimento e la riaffermazione della dignità di differenze e individualità».
Il termine ‘Neorinascenza’, tuttavia, va parimenti inteso come una scatola con fronzoli appiccicati dalla retorica enfatica che pure sembra inevitabile, quando si perseguono idealità probabilmente irrealizzabili. Quindi il contenitore si svuota, e il vocabolo ha il pregio di dover essere riempito di nuovo e problematizzato, con la carnalità che è ‘movimento’ in quanto ‘scelta’ di compiere un’azione: «la letteratura si fa».
L’utopia è nell’ingenuità di inseguire il dialogo – anche attraverso lo scontro – con epoche, culture, tradizioni, generazioni e individui diversi; è desiderare la rinascita di una società del rispetto – prima di tutto delle differenze – che non sia soltanto fertile humus per le arti. Da cui la dimensione del concetto è più ampia di un astratto ed esclusivo pensare la letteratura. Piuttosto, si denunciano gli uomini, il bieco opportunismo, i vari travestimenti con cui la moda è venduta e acquistata come arte, le responsabilità etiche e sociali ripudiate dai singoli e anche dagli intellettuali. La visione – per nulla scontata – è praticare l’utopia, affinché non resti tutto inalterato.